Bruciò vivo il fratello per intascarsi i soldi dell’assicurazione. Ergastolo per chef Martone

Lo chef napoletano Antonio Martone bruciò vivo il fratello Domenico solo per intascarsi i soldi della polizza sulla vita. Oggi arriva la condanna definitiva per l’uomo: ergastolo

Aveva barbaramente ucciso il fratello Mimmo bruciandolo vivo con il solo obiettivo di incassare i soldi dell’assicurazione sulla vita. Antonio Martone, chef campano, è stato condannato per l’omicidio questa mattina. Per lui la pena da scontare è l’ergastolo. Lo chef di bordo portò il fratello in un casolare di campagna a Lettere, in provincia di Napoli, per dargli fuoco.

bruciò vivo il fratello
Bruciò vivo il fratello nel 2022 per intascarsi l’assicurazione sulla vita. Condannato lo chef di bordo Antonio Martone all’ergastolo (ansa) free.it

Dopo averlo bruciato vivo ha lasciato la vittima a terra mentre ancora agonizzava. Nel corso delle indagini è emerso anche la premeditazione del delitto, dal momento che l’assassino Martone aveva fatto una ricerca su Google su “come uccidere un uomo” e “come intascare i soldi della polizza vita”.

Bruciò vivo il fratello per prendersi i soldi della polizza vita. Condannato Antonio Martone

Durante la requisitoria, prima della sentenza di condanna definitiva, il pubblico ministero di Torre Annunziata, Emilio Prisco, incaricato per il caso di omicidio, ha detto: “Come Caino e Abele” in riferimento del killer Antonio Martone fratello della vittima Domenico “Mimmo” Martone. E proprio come i fratelli citati nelle sacre scritture, anche lo chef di bordo napoletano ha ucciso il fratello come face Caino con Abele.

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Bruciò vivo il fratello Mimmo lasciandolo agonizzante. L’obiettivo era intascarsi la polizza sulla vita. Condannato all’ergastolo il fratello Antonio Martone (ansa) free.it

L’efferato delitto risale al marzo del 2022, quando lo chef Antonio Martone aveva convinto il fratello a raggiungerlo in un luogo isolato nelle campagne di un piccolo paese, Lettere, in provincia del capoluogo campano. Per attirare la sua preda nella rete, l’uomo aveva detto di aver dato appuntamento a due ragazze. Così Domenico Martone cade nella trappola di Antonio e si dirige al casolare indicato.

Qui l’assassino avrebbe tramortito Mimmo per poi dargli fuoco. Il cadavere semi carbonizzato di Domenico fu ritrovato la sera del 30 marzo dello scorso anno (2022) in una strada di campagna al confine con Lettere. Il corpo fu identificato solo grazie al green pass che la vittima portava con sé e che per puro caso le fiamme avevano risparmiato.

Le indagini

Il delitto era stato pianificato nei minimi dettagli già dall’anno precedente, quando Antonio convinse il fratello Mimmo a stipulare una polizza vita del valore di 400 mila euro. L’obiettivo dell’assassino era quello di intascare il bottino per poi fuggire all’estero con la fidanzata.

Ma dopo l’omicidio le indagini tecniche sul caso hanno incastrato Antonio Martone. In modo particolare l’analisi dei filmati di diverse telecamere di sorveglianza del comprensorio tra Lettere, Angri e Pagani, hanno consentito agli investigatori dell’Arma dei carabinieri di ricostruire il tragitto dei due fratelli. L’omicida è stato ripreso mentre si allontanava dal luogo del delitto a piedi. Subito dopo fu fermato perché, in quanto marittimo, lavorava come chef sulle navi da crociera e avrebbe potuto facilmente lasciare il Paese facendo perdere le proprie tracce.

Come riporta questa mattina l’edizione romana de Il Messaggero che ne da notizia, dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere con cui il gip di Torre Annunziata aveva convalidato il fermo per il delitto pluriaggravato disposto dalla Procura di Napoli, emerge un altro dettaglio di supporto alle prove ritenuto di vitale importanza. Si tratta delle intercettazioni delle microspie posizionate dai carabinieri nell’auto di Antonio Martone. L’imputato, parlando da solo in macchina aveva detto: “Se scampo anche questa, secondo me faccio la botta… posso prendere il posto di Arsenio Lupin”.

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