Prima di essere la tennista più importante di Russia, Daria Kasatkina è una ragazza di 25 anni che recentemente si è dichiarata gay. Il suo coming out però non ha fatto piacere alla Duma di Stato. Lei non ci sta e denuncia tutto
Conosciuta nella sua madre patria russa per essere la tennista più importante. Daria Kasatkina però è anche altro: una ragazza appena 25enne innamorata di un’altra donna.
Il suo recente coming out non è stato visto di buon occhio dalla Federazione di Stato russa, notoriamente contro la liberalizzazione dei sentimenti omosessuali, ora punibile anche come reato. La tennista non ci sta e istintivamente reagisce.
La Duma di Stato russa ha appena approvato come misura urgente una nuova legge che proibisce e punisce “qualunque informazione che neghi i valori familiari e promuova relazioni sessuali non tradizionali”. L’obiettivo è “comprimere la propaganda gay“.
Quindi, in Russia parlare liberamente della propria omosessualità come ha fatto la tennista Daria Kasatkina non è soltanto un atto impudente ma ora un reato punibile a tutti gli effetti.
Ma questo non ha fermato la russa ne tantomeno fatto chiudere la sua bocca sulla sua nuova relazione gay con Natalia Zabiiako. La gioia per quel coming out da tempo atteso viene ora subissato da preoccupazioni inaccettabili. Un esempio è l’intimidazione verso la 25enne di non poter mettere più piede in Russia e questo solo per il fatto di essersi innamorata di una donna.
Kasatkina, però non si fa intimidire da tutto questo e dalla Spagna, dove vive e si allena, rilascia un’intervista in mondovisione. Parla liberamente e racconta quanto sia difficile per lei convivere con l’idea di una terra (la Russia) che mette nel mirino la comunità Lgbtq+, minacciandola in tutti i modi. Come riporta il Giornale, la dichiarazione fatta dalla tennista porta l’amaro in bocca:
“In Russia per come stanno andando le cose, purtroppo, non verrò mai accettata per quella che sono. Non è che uno può scegliere di essere gay. Tenere segreta la propria omosessualità non è possibile. L’importante è essere in pace con sé stessi. Gli altri vadano a quel paese. Riempire di orgoglio sportivo la propria patria evidentemente non basta”.
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