Caos al porto di Trieste: giornalisti accerchiati e insultati

Momenti di tensione al porto di Trieste, con i manifestanti che hanno accerchiato e insultato i giornalisti. Forze dell’ordine pronte ad intervenire. Le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, sono intervenute con un comunicato, chiedendo di rimuovere il blocco allo scalo. 

Attimi di tensione al porto di Trieste. I manifestanti accerchiano i giornalisti

È un autunno bollente per le manifestazione in Italia. L’obbligo del Green Pass ha scatenato gli animi di molti, che ormai da settimane protestano contro la decisione presa dal Governo. L’attenzione di tutti è ovviamente verso i porti, zone di carico e scarico di merci che riforniscono poi tutto il Paese. Se si dovessero totalmente bloccare i varchi di accesso, come già successo a Genova, le ripercussioni sarebbero gravissime.

Nonostante questo, le proteste vanno comunque avanti, ed è oggi il porto di Trieste a destare maggiori preoccupazioni. Decine di giornalisti presenti sul posto, sono stati accerchiati e pesantemente insultati dai protestanti, e solo il provvidenziale intervento di alcuni portuali, tra cui l’ex portavoce del Cipt, ha fatto in modo che la situazione non degenerasse.

L’intervento della Polizia e dei sindacati

Situazione critica al varco 4 del poro di Trieste

Il varco 4 che oggi era stato bloccato dai manifestanti, ha visto la presenza di un massiccio numero di poliziotti, pronti ad intervenire per evitare tafferugli. Sulla vicenda hanno fatto sentire la loro voce anche le sigle sindacali della CGIL, Cisl e Uil, chiedendo che il porto venga liberato dai manifestanti No Green Pass. “Le legittime manifestazioni di dissenso devono essere garantite – hanno fatto sapere in un comunicato congiunto – ma non possono impedire a un porto, e a una città di continuare a generare reddito e prospettive per il futuro. Quelle persone che hanno dimostrato solidarietà a quei lavoratori portuali in presidio, facciano un passo in avanti e liberino il porto e i lavoratori, da un peso e una responsabilità che non hanno“.

Il contestatore in lacrime

La situazione resta comunque molto complicata, e gioca anche sulle reazioni emotive dei manifestanti. Da una parte ci si rende contro che blocchi del genere potrebbero portare alla paralisi del Paese, dall’altro si grida alla bontà di questa manifestazione, come qualcosa di importante nei confronti di una decisione governativa, considerata non costituzionale.

Stefano Puzzer, leader della contestazione, ha rassegnato le dimissioni dopo aver promesso di sciogliere i blocchi, per poi fare retromarcia nella giornata di oggi. “Non ritiro le dimissioni, il presidio continua – ha raccontato alla stampa scoppiando in lacrime – Non siamo dei traditori, siamo qui da quattro giorni mettendoci la faccia. Altri, e non solo i giornalisti, stanno mettendo in giro falsità. Se qualcuno dovesse venire verso di noi, sediamoci in pace“. Allusione ad un possibile sgombero da parte delle forze dell’ordine ventilato da più parti. Soprattutto dopo che il presidente dell’autorità portuale, Zeno D’Agostino aveva fatto sapere che la situazione “non era più tollerabile“.

I blocchi continuano

Nonostante questo, i manifestanti non si arrendono e a meno che non venga usata la forza, continueranno fino al 20 di ottobre. “Non si molla” scrive il sindacato dei portuali CLPT. La protesta in ogni caso sta perdendo vigore, anche per spaccature all’interno dei manifestanti rimasti senza stipendio, e le decine di partecipanti iniziali si sono ridotti con il passare dei giorni. “Se siamo così pochi non riusciamo a fermare il porto. Allora non ha senso, non possiamo stare senza stipendio così tanti giorni” ha raccontato un rappresentate portuale all’agenzia AGI.

 

 

 

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