Il sistema contributivo come lo conosciamo oggi non funziona più: l’INPS valuta il sistema di calcolo pensionistico del futuro.
L’Italia è uno dei Paesi più longevi del mondo. E menomale – penseremo – se non fosse che questo ci penalizza nel sistema pensionistico attuale. La riforma Fornero, una delle più incisive, ha infatti stabilito l’incremento graduale dell’età pensionabile, con adeguamento automatico alla speranza di vita. A tutto questo si è aggiunta la legge Dini, che si applica al calcolo dei contributi maturati e non all’importo degli ultimi tre stipendi percepiti.

Insomma, due passi storici che hanno portato al sistema pensionistico che conosciamo oggi. Un meccanismo studiato, ma che ha portato non pochi problemi (nonché numerosi casi di pensioni minime) negli ultimi anni. Da qui la ricerca di una soluzione radicale, sfruttando quello che oggi abbiamo a disposizione: l’intelligenza artificiale.
Sebbene sembri uno strumento che non possa dare un supporto concreto, Valeria Vittimberga (attuale direttore generale dell’INPS) ne vede un’opportunità reale per cambiare ciò che oggi non funziona. Difficile capire se sia la soluzione definitiva, ma le sue parole, pronunciate a Codice su Rai1 durante la puntata del 4 luglio 2025, accendono nuove speranze.
Chi ci pagherà (e come) la pensione nei prossimi anni
Non è più fantascienza, è un’ipotesi concreta. A dirlo è Valeria Vittimberga, direttrice generale dell’INPS, che durante la trasmissione Codice su Rai1 ha delineato uno scenario del tutto nuovo: “Non sarà più solo il lavoratore a congedarsi dall’ufficio: insieme a lui lo farà anche il suo gemello digitale. Un’intelligenza artificiale personale capace di continuare a generare valore anche dopo l’uscita formale dall’azienda”.

Secondo Vittimberga, “le realtà digitali corrono più veloci delle nostre regole”. E questo significa che il sistema contributivo così com’è oggi, ancorato al numero di anni lavorati, potrebbe non reggere più a lungo. “Il valore di un lavoratore – ha aggiunto – non si misura solo negli anni di servizio, ma nel patrimonio immateriale di dati, relazioni e contributi computazionali che continua a produrre”.
In altre parole, l’IA non sarà solo un assistente, ma una vera risorsa attiva, capace di generare reddito e quindi – sì – di pagare i contributi previdenziali al nostro posto. Una svolta necessaria, secondo la direttrice, anche alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione e della scarsità di giovani nei cicli produttivi.
“Bisogna ripensare completamente il sistema previdenziale”, ha detto senza giri di parole. E in questo ripensamento, la tecnologia potrebbe diventare un asset fondamentale, capace di produrre valore anche dopo il pensionamento, ridefinendo i confini tra vita attiva e quiescenza. Sarà davvero il nostro gemello digitale a garantirci la pensione? Ora, l’INPS comincia a pensarci sul serio.