Perseguitata da uno stalker per un anno. La scoperta agghiacciante a processo

Una storia assurda quella accaduta ad una donna che per un anno è stata perseguitata con video hot, telefonate continue e messaggi da uno stalker di 60 anni. A processo la scoperta agghiacciante: “Pensavo fosse la mia ex fidanzata, ho sbagliato persona”

Un racconto da brividi quello vissuto da una donna per un anno intero: “Ricevevo chiamate e messaggi in continuazione. Quando ero in famiglia, durante gli orari di lavoro e addirittura mentre ero in compagnia di mio figlio, che all’epoca aveva solo due anni”. L’incubo è iniziato nel 2013 ed è terminato solo l’anno successivo, quando la vittima, impaurita e scossa, si è rivolta alle forze dell’ordine denunciando lo stalker anonimo.

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Perseguitata da uno stalker anonimo. A processo l’uomo scopre la verità (ansa) free.it

Finito a processo con l’accusa di stalking è un 60enne che avrebbe perseguitato la donna ininterrottamente, sia di giorno che di notte, senza sosta. Come riporta anche il Messaggero, la donna ricorda come tutto sia iniziato: “Mi ricordo che è iniziato un giorno qualunque, senza un’apparente motivazione. All’inizio quando ho ricevuto le prime chiamate da un numero sconosciuto ho risposto tentando di spiegare che non ci conoscevamo e che probabilmente aveva sbagliato persona, ma non è servito a nulla”.

Perseguitata da uno stalker convinto che fosse la ex fidanzata

Lo stalker 60enne finito a processo era convinto che la donna che stava perseguitando fosse davvero la sua ex fidanzata che l’aveva lasciato, a suo dire, dopo un rapporto litigioso durato qualche mese tra il 2012 e il 2013. Ma la donna che l’uomo ha iniziato a infastidire con messaggi volgari, video hot e continue telefonate era solo un’omonima della vittima designata.

Prof. pedofilo incastrato dalla moglie
Perseguitata da uno stalker anonimo. La vittima scambiata per la ex fidanzata free.it

Il 60enne non era riuscito ad accettare la fine della relazione con la ex compagna. Lei l’aveva bloccato ovunque, sui social, su whatsapp e, infine, aveva cambiato il suo numero di cellulare. Ma l’imputato si era ostinato nel trovare la donna, così, dopo una ricerca online era giunto a trovare quella che per lui era la sua ex. Stesso nome, stesso cognome. Insomma un’omonima. La povera vittima ha specificato che lo stalker era arrivato al suo numero di telefono privato poiché “all’epoca facevo parte di un’associazione e avevo lasciato il mio contatto non immaginando potesse succedere una cosa simile”.

Da quel momento l’uomo ha iniziato a perseguire la donna (sbagliata). La vittima racconta: “Erano tutti messaggi a sfondo sessuale. Schifosi. E poi ricevevo video erotici in cui lui mostrava le parti intime”. Così, continua la donna: “All’inizio gli ho anche parlato e oltre a dirgli di smettere ho cercato di spiegargli che si stava sbagliando, che la donna che stava cercando non ero io. Gli ho detto che era un caso di omonimia e che non ci conoscevamo ma lui ha continuato”. Poi la vittima ha deciso di bloccare lo stalker. “Per qualche settimana si è fermato, non ho più ricevuto video o messaggi nel cuore della notte”. Ma quella tregua è durata poco, quando l’uomo ritorna alla carica, questa volta però usando numeri di cellulare anonimi. “Dato che non sapevo che faccia avesse ho avuto anche paura che potesse presentarsi al lavoro o addirittura sotto casa. Potrebbe anche averlo fatto ma io non avevo la possibilità di riconoscerlo”. Impaurita e sconvolta, la vittima decide di denunciare l’uomo per stalking.

La giustificazione dello stalker

In aula, l’imputato ha tentato di dare una sua giustificazione al giudice Ilaria Amarù, facendo riferimento ad un suo presunto stato di alterazione psichica accentuato in quel periodo. Il 60enne, come riporta sempre il Messaggero, ha detto a processo: “Ero incosciente vostro onore. Soffrivo di depressione e sono stato in cura da uno psicologo per diversi anni. Poi ho deciso di interrompere la terapia perché non potevo più permettermelo economicamente”.

Poi lo stalker ha continuando affermando: “Quando mandavo messaggi e facevo chiamate, prendevo una serie di psicofarmaci, benzodiazepine che mischiavo con una bottiglia intera di Jack Daniels. Quindi non mi rendevo conto di quello che stavo facendo”. Il dubbio ancora da chiarire è perché quell’uomo, una volta rinsavito dal miscuglio di farmaci e alcool non si sia mai reso conto di quanto accaduto. Bastava guardasse la cronologia del suo cellulare, cosa che pare non sia mai avvenuta.

Il dubbio verrà affrontato alla prossima udienza. Al momento quel che rimangono sono le scuse pubbliche che lo stalker ha rivolto alla sua vittima e alla famiglia di questa. “Scusatemi tutti, non volevo recare danno a nessuno”.

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