La commissione d’inchiesta per le scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori procede nel suo iter, a distanza di tempo emergono nuovi dettagli inquietanti sulla giovane cittadina vaticana.
Di Emanuela Orlandi si sono perse le tracce da quel 22 giugno 1983, l’ultimo giorno in cui fu vista da famiglia e amici. Da allora di lei non si seppe più nulla, quasi 40 anni di depistaggi, indiscrezioni e false piste.
Sul caso emergono due testimoni, probabilmente inconsapevoli, che avrebbero potuto fornire elementi utili alle indagini. Una di loro è attualmente ricoverata in una clinica psichiatrica, l’altra avrebbe affrontato per anni forti trattamenti di natura farmacologica. Ma c’è anche un giovane che fu minacciato di morte.
Le storie degli amici
Proprio le storie di Raffaele Monzi e quella Silvia Vetere sono state analizzate dal Corriere della Sera. Nel primo caso si tratta di una compagna del corso di musica, lo stesso frequentato da Emanuela Orlandi nel complesso di Sant’Apollinare, l’ultimo luogo frequentato prima di sparire nel nulla.
L’attuale 59enne non si è mai ripresa da quell’episodio ed è stata ricoverata in una struttura psichiatrica vicino Roma. Tempo fa anche la madre della donna raccontò il dolore passato da quei terribili momenti. La famiglia decise di lasciare la Capitale, trasferendosi a Bolzano, ma alcune persone avrebbero continuato a controllare la famiglia.
“Raffaella fu seguita da un giovane biondino. Ogni volta ce lo trovavamo davanti e un giorno le disse: ‘Vieni via con me, lascia i tuoi genitori…’“, spiegò la donna. Probabilmente durante una delle ultime conversazioni avrebbe rivelato dettagli utili per ricostruire l’identità del rapitore, ribadendo di avere un appuntamento con una persona.
Dall’altro lato c’è invece Silvia Vetere, compagna di classe al Convitto, che nel 1983 e nel 2008 fornì una visione della scomparsa differente rispetto alle varie descrizioni raccolte nel corso di quegli anni. “Emanuela aveva intenzione di trovarsi un lavoro. Non aveva voglia di studiare e faceva sega a scuola. Non mi vedrete per un po’“, spiegò negli anni Ottanta Silvia, citando le parole dell’amica Emanuela.
E proprio la voglia di lavorare piuttosto che studiare potrebbe essere una chiave fatale che, di conseguenza, avrebbe fatto cadavere Emanuela Orlandi in una possibile trappola. Al momento le ipotesi e i dubbi restano però ancora tanti.
Addirittura il cugino 61enne Massimo Festa non ci sarebbe alcun dubbio. “Silvia è stata vittima di un ulteriore sequestro, è stata portata in strutture psichiatriche per impedirle di ripetere quel che sapeva su Emanuela Orlandi“, spiega l’uomo citato dal Corriere della Sera.
Anche il compagno di scuola, Pierluigi Magnesio, non fornì alcun dato utile durante la seconda inchiesta, ma con un elemento inquietante. Chiamando al Telefono giallo, infatti, il 7 ottobre 1987 disse: “Buonasera, sono Pierluigi. Se parlo, mi ammazzano“, ribadì l’uomo che poi fu identificato dalla Procura di Roma.
Il lavoro della commissione d’inchiesta
Nella giornata di martedì 6 giugno 2023 è previsto l’avvio della commissione parlamentare d’inchiesta anche al Senato sulla vicenda di Emanuela Orlandi. Si tratta di un disegno di legge già approvato due mesi fa alla Camera, ma che avrebbe fatto vacillare più di qualche partito della maggioranza.
Ciò è emerso in conseguenza dei recenti attacchi di Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa quasi 40 anni fa, contro Giovanni Paolo II. “Della verità ne hanno bisogno tutti, non solo i familiari di Emanuela“, spiega Laura Sgrò.
L’avvocato della famiglia ha depositato nella giornata di martedì 6 giugno 2023 una memoria alla Prima Commissione Affari istituzionali al Senato. Sul fronte Vaticano emerge invece la figura di Alessandro Diddi, promotore di giustizia, che punta alla diretta collaborazione con la Procura di Roma.