Un altro femminicidio e questa volta è avvenuto il 22 settembre. Un uomo di 35 anni accoltella la compagna a morte in un raptus omicida. Arrestato e portato in carcere, quello che fa in cella è assurdo
A perdere la vita è un’altra donna. Il femminicidio è avvenuto a Spinea lo scorso 22 settembre. A uccidere con diverse coltellate Lilia Patranjel è il compagno Alexandru Ianosi di origini romene. Il 35enne è accusato di aver provocato la morte alla donna tramite l’utilizzo di un fendente.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il 35enne, nella notte tra il 22 e il 23 settembre si sarebbe scaraventato con violenza inaudita contro la donna colpendola con un coltello da cucina. L’insano gesto sarebbe arrivato al culmine di una lite scaturita per gelosia dopo che la vittima aveva dichiarato al compagno di volerlo lasciare esasperata dalle continue e ripetute violenze subite.
In passato, Lilia aveva denunciato le violenze domestiche ricevute da quel compagno troppo arrabbiato ma poi, in un secondo momento, la stessa donna aveva ritirato le querele sporte bloccando, così, l’iter giudiziario. Fino al giorno del femminicidio: due i pugnalate mortali, tra il torace e il ventre. Al termine del delitto, l’uomo ha chiamato i carabinieri confessando cosa aveva fatto: “Venitemi a prendere, ho ucciso la mia compagna”. Ma una volta in carcere, il 35enne non ha resistito.
Dopo aver ucciso la compagna con due coltellate mortali, Alexandru Ianosi ha contattato i carabinieri dichiarando ciò che aveva fatto: “Ho ucciso Lilia, venite a prendermi”. Giunti sul luogo del delitto, le forze dell’ordine hanno constatato il decesso della vittima. Lilia Patranjel. Il 35enne è finito in carcere accusato di omicidio volontario aggravato.
Una volta rinchiuso in cella, il romeno si sentiva troppo in colpa per l’insano gesto che aveva commesso. Voleva punirsi da solo ed ha pensato di farlo conficcandosi il palo di una scopa in un occhio. Soccorso dalle guardie carceriere, ora è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale dell’Angelo di Venezia, in prognosi riservata. Come riportato da Il Gazzettino, l’uomo ha dichiarato lo scorso 6 ottobre di sentirsi “devastato dai sensi di colpa”.
L’idea di “farla finita” è sopraggiunta dopo che Ianosi sente in carcere un servizio al telegiornale sul delitto che proprio lui aveva commesso ai danni di quella donna con cui aveva avuto anche un figlio. Nel corso del servizio si sente chiamato “mostro”. Tanto è bastato all’uomo per decidere di commettere l’estremo gesto che l’ha portato per alcuni giorni anche in coma. Ma ora non è in pericolo di vita, risvegliatosi, una volta rimesso, continuerà a scontare la sua pena in carcere.
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