Jova beach party, danni ambientali ed economici | Ecco come stanno le cose

Tra verità e grandi titoli sui giornali qual’ è stato l’impatto del Jova Beach Party, tanto amato ma anche criticato dagli ambientalisti. 

Senza dubbio è stato l’evento dell’estate 2022 con quasi 600mila spettatori in 21 date in giro per l’Italia il Jova beach party, il concerto di Jovanotti sulle spiagge italiane, è stato un successo di pubblico e critica.

Critiche sul Jova beach party

Oltre alla musica, si è però puntato sull’ecosostenibiltà sensibilizzando con un’apposita campagna informativa sia prima che dopo il concerto sull’importanza della della transizione ecologica. Trident, la società che ha organizzato i concerti, in prima persona ha predisposto un piano di pulizia speciale delle spiagge, con l’obiettivo di rimuovere soprattutto la plastica e coinvolgendo attivamente gli spettatori.

Jova beach party, non sono però mancate le critiche

L’evento, però, ha attirato le critiche di diversi ambientalisti e animalisti, che hanno lanciato l’accusa di greenwashing, cioè di professare un ecologismo di facciata che comporterebbe possibili costi economici futuri a carico delle amministrazioni locali e quindi dei cittadini. Tante sono state le associazioni che si sono esposte con critiche più o meno forti, alimentando dibattiti e polemiche, soprattutto sui social, Ma come stanno davvero le cose?

La verità sull’impatto ambientale del Jova beach party

I diversi eventi e i danni provocati

Uno degli interventi incriminati è quello sulla tappa del 2 e 3 settembre, con l’ipotesi al vaglio di danno ambientale e l’apertura di un’indagine della procura di Lucca. Tutto è partito da un esposto di un’associazione romana basata su una ricerca del prof. Bacaro. “Nella spiaggia del Muraglione, dove era previsto il Jova, ho riscontrato una serie di specie naturali protette che a detta dell’organizzazione del concerto non c’erano”. Da qui l’intervento che ha spinto Trident a modificare le operazioni di preparazione del palco.

Maurizio Salvadori, numero uno di Trident racconta:ci sono state decine di denunce che sono state presentate dal 2019 a oggi contro i nostri concerti e che poi sono state tutte archiviate, mi risulta che abbia archiviato anche la procura di Lucca”. E ancora, spiega che l’organizzazione ha trovato “fior di botanici che dicevano l’esatto contrario del prof. Bacaro”. Prosegue poi raccontando: “Le spiagge sono state scelte accuratamente, scartandone il 90% e scegliendo quelle che erano più antropizzate: quindi nessuna oasi naturale o ambiente protetto”. In questo monitoraggio, aggiunge, “è coinvolto in primis il nostro partner Wwf”. 

La verità sulle critiche al Jova beach party

La difesa degli organizzatori

Per l’organizzatore dei concerti, la maggior parte delle critiche arriva da un “mondo che non ama la musica e ha un’opposizione ideologica: vedono migliaia di persone che si divertono in spiaggia e questo di principio da loro fastidio”. Per comprenderlo dice: basta paragonare i nostri concerti con quelli negli stadi, dove a fine evento le arene diventano una porcheria: noi invece impieghiamo 20-30 persone e due ore di tempo per ripulire ogni spiaggia dopo il concerto, mentre la maggior parte degli spettatori, sensibilizzati da Jovanotti, si portano via tutti i loro rifiuti e li mettono negli spazi appositamente indicati con la differenziata”.

Mario Tozzi, però, in una lettera a Jovanotti ha parlato esplicitamente di “impatti dirompenti” legati alla possibile erosione delle spiagge. “Un conto sono cento persone che vanno al mare – ha detto – un altro cinquanta. Un recente studio del Cnr ha stimato che, dalle spiagge del Parco nazionale dell’arcipelago de La Maddalena, ogni bagnante che passa una giornata al mare porta via con sé dai 50 a 100 grammi di sabbia. Moltiplica questa cifra per diecimila o cinquantamila persone e vedi a che montagna di sabbia si arriva anche in una sola giornata. La spiaggia è un ambiente fragile”. Ma sabbia a parte, Tozzi solleva un altro problema. 

La rivolta delle associazioni ambientaliste contro il Jova beach party

Le infiltrazioni di acqua salata

“Tra le operazioni di sistemazione dell’area ad esempio c’è il passaggio dei mezzi meccanici per livellare la sabbia. La duna e la sua vegetazione creano una barriera contro le maree e permettono alla sabbia di non spostarsi verso l’entroterra. Se si spianano la sabbia arriva sulle strade e l’acqua salata che si infiltra nel sottosuolo può creare zone dove ad esempio non si può coltivare” sostiene Tozzi. “I costi legati alla rimozione della sabbia potrebbero essere anche di migliaia di euro nei prossimi anni. Far sì che le dune prosperino, invece, può far spendere dieci oggi ed evitare di spendere cento domani”.

Alle sue parole replica però Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi di Wwf. non è stata spianata alcuna duna nelle spiagge del Jova beach party e a Viareggio lo stesso Bacaro avrebbe individuato solo proto-dune, cioè in via di formazione, che sono state delimitate per evitare il calpestio. Quelle che sono state chiamate impropriamente ’ruspe’, aggiunge Benedetto, erano macchine che andavano a rettificare o pulire alcune piante o livellare la spiaggia in ambienti già fortemente antropizzati”

L’impatto sugli animali

Andrea Brutti di Enpa, solleva poi il problema animalista: “tagli di siepi e alberi e la vegetazione dunale è spesso stata decimata dalle ruspe. A farne le spese potrebbero essere stati maggiormente gli insetti. Poi ci sono i microrganismi. I fiori e le essenze dunali, quindi, danno nutrimento alla microfauna, ma anche agli uccelli con i semi e i frutti. In natura è tutto profondamente legato e noi questo segnaliamo: come si fa a dire che siamo ideologici e contro la musica a prescindere?

Da Trident, però, smentiscono tutto. “Ci siamo affidati a persone di competenza e non abbiamo mai rimosso piante dal valore naturalistico. A Viareggio abbiamo messo da parte specie vegetali e arbusti: li ripianteremo, anche se non eravamo costretti da nessuna legge e nessun ente. Poi per quanto riguarda i presunti tamerici di Ravenna, come ha spiegato lo stesso assessore all’ambiente della città, si trattava di piante non autoctone, criticate dagli abitanti: erano una schifezza a guardarle. Comunque sono state tolte con le radici per essere piantate altrove”, dice Salvadori.

Le conclusioni degli organizzatori

Per riassumere, quindi, secondo l’organizzazione del Jova beach party, evidenti danni ambientali non ci sono stati, mentre l’effetto comunicativo dell’evento sarebbe stato importante e varrebbe l’investimento fatto. “Se il ministero dell’Ambiente avesse fatto una campagna progresso per sensibilizzare un pubblico che va dai 20 ai 50 anni – si domandano da Trident – quanti soldi pubblici avremmo speso? E si sarebbe ottenuto lo stesso risultato?”.

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