Breivik, il killer di Utoya, tormenta i parenti delle vittime e i sopravvissuti con lettere dal carcere. “Sono veri e propri atti di intimidazione”, ha dichiarato la presidente dell’associazione delle vittime Lisbeth Røyneland.
Sono passati più di 10 anni da quel 22 luglio. Anni trascorsi nel carcere di massima sicurezza di Skien dove sta scontando la massima pena prevista in Norvegia. Anni che evidentemente non lo hanno aiutato a maturare la consapevolezza della gravità di quella strage. Anders Behring Breivik, il killer di Utoya, continua ancora oggi a tormentare i parenti delle vittime e i sopravvissuti all’attacco terroristico che nel 2011 provocò 77 morti e centinaia di feriti. Da diversi anni il suprematista bianco invia loro lettere contenti estratti del folle manifesto che scrisse prima di compiere quella carneficina.
“Sono veri e propri atti di intimidazione, vuole farci sapere che è lì e che dobbiamo avere paura“, ha dichiarato la presidente dell’Associazione delle Vittime Lisbeth Røyneland.
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Intensissima la corrispondenza intrattenuta da Breivik in carcere dal 2016 ad oggi. Oltre 3mila le lettere spedite e ricevute. Normale la preoccupazione per eventuali contatti tra il killer e potenziali imitatori. “Sappiamo che ci sono molte persone pronte ad appoggiare le sue idee. Per questo non dovrebbe essere consentito a Breivik di spedire questo materiale“, ha spiegato la presidente dell’Associazione delle Vittime Lisbeth Røyneland.
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Di diverso avviso il vice direttore regionale del sistema carcerario Erling Faeste: “Capisco il disagio. Ma la legge prevede che i detenuti possano scrivere e comunicare con l’esterno a meno che questo non significhi compiere dei reati“, conclude.
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