Ndrangheta, estorsioni e usura da Brescia a Reggio Calabria: 14 misure cautelari

Questa mattina è scattata l’operazione Atto Finale. Un blitz congiunto di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno. 14 misure cautelari nei confronti di soggetti affiliati alla ‘Ndrangheta. Accusati di usura e estorsione commessi con metodo mafioso.

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Ndrangheta, operazione Atto Finale: 14 misure cautelari

14 misure cautelari personali, 12 in carcere e 2 ai domiciliari. Un duro colpo ad una importante cosca, un casato di ‘ndrangheta tra i più antichi e potenti della Piana di Gioia Tauro, era ben infiltrata nel tessuto economico bresciano. Una indagine di tre anni che scoperto come operavano tutti i soggetti contigui o affiliati alla ‘Ndrangheta. Sono accusati di usura ed estorsione commessa con metodo mafioso. E’ scattata nelle prime ore della mattina l’Operazione Atto Finale.

Un blitz congiunto di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza coordinati dalla Procura della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, tra le province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno. Colpita anche la famiglia di San Giuseppe Jato, operante nella provincia di Palermo.

Le indagini, condotte dai Magistrati della DDA, hanno permesso di ricostruire gli assetti interni allo storico clan, dopo i blitz Nuovo Mandamento, Quattro Zero, Montereale e Nuovo Papa. I reati contestati agli indagati riguarderebbero il periodo compreso tra febbraio 2017 e novembre 2019.

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‘Ndrangheta, l’attività degli indagati e il profitto dell’usura

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‘Ndrangheta, l’attività degli indagati e il profitto dell’usura

L’Operazione Atto Finale ha smantellato una rete criminale che nell’ultimo periodo, nonostante il lockdown, proseguiva nelle tipiche condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche in danno di imprenditori. Scoperti accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale.

Durante le indagini in alcuni casi è stata provata una vera e propria vendita di denaro a condizioni usurarie ad un imprenditore del Nord in difficoltà economiche. Il gruppo criminale cercava così di assicurarsi la certezza del rientro dell’investimento con i convincenti sistemi tipici del metodo mafioso e di conseguenza la fonte parassitaria di reddito. Le difficoltà economiche delle vittime a causa del Covid 19 in diversi casi non permettevano il rientro e la restituzione del debito. Gli indagati innervositi per intimidire le vittime dell’usura gli inviavano via WhatsApp foto delle rispettive abitazioni.

Durante le perquisizioni, una ventina in tutto, è stata sottoposta a sequestro preventivo una somma pari a € 77.540,00, quale profitto dell’attività illecita di usura. In particolare al nord Italia nel bresciano l’attività illecita della ndragheta poteva contare sulla creazione e utilizzo di decine di società “cartiere” italiane ed estere. Assicuravano un vorticoso giro di fatture false per decine di milioni di euro a vantaggio di imprese locali. Erano riusciti a creare una sofisticata e pericolosa forma di inquinamento dell’economia legale attraverso l’erogazione di servizi fiscali illeciti.

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