Stefano Cucchi, cosa c’è scritto nella sentenza della Corte d’Appello

Emergono nuovi elementi sull’omicidio di Stefano Cucchi. Il trentunenne romano arrestato il 15 ottobre del 2009 e morto dopo una settimana fu colpito con “reiterate azioni ingiustificate e sproporzionate”. Lo scrive la Corte d’Assise d’Appello di Roma.

Cucchi
Stefano Cucchi – Foto da Twitter

L’aggressione subita da Stefano Cucchi è stata ingiustificata e sproporzionata. Questo è quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui il 7 maggio scorso sono stati giudicati colpevoli i due agenti responsabili del pestaggio Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. I Giudici spiegano che la vittima è stata colpita con reiterate azioni ingiustificate e sproporzionate rispetto al tentativo di Cucchi di colpire il pubblico ufficiale con un gesto solo figurativo. Da inserire in un contesto di insulti reciproci inizialmente intercorsi dal carabiniere Di Bernardo e l’arrestato. Che nel quadro generale sarebbe stato interpretabile come semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento.

“Le violente modalità con cui è stato consumato il pestaggio ai danni dell’arrestato, gracile nelle struttura fisica, esprimono nelle modalità dell’azione che ha oltrepassato la semplice intenzione di reagire alla mera resistenza opposta dell’arrestato alla esecuzione del fotosegnalamento”, si legge nelle motivazioni.

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Processo Stefano Cucchi: 13 anni a Di Bernardo e D’Alessandro

Stefano Cucchi
Processo Stefano Cucchi

Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma si ritiene accertata la sproporzione tra l’alterco insorto tra Di Bernardo e Cucchi rispetto alla portata dell’aggressione subita dal trentunenne romano, alla quale partecipò D’Alessandro.

Stefano Cucchi era stato arrestato la notte del 15 ottobre 2009, nelle vicinanze del Parco degli Acquedotti in Via Lemonia, a Roma. Gli erano stati trovati addosso 28 grammi di hashish e pochi grammi di cocaina. Durante l’udienza del Processo per Direttissima del mattino successivo mostrava evidenti ematomi e difficoltà nel camminare e nel parlare. A seguito dell’aggravarsi delle sue condizioni si spense la mattina del 22 ottobre all’Ospedale Sandro Pertini di Roma.

Gli agenti Di Bernardo e D’Alessandro sono stati condannati a 13 anni di carcere per l’omicidio del giovane romano. Il Maresciallo Roberto Mandolini, accusato di aver coperto l’accaduto, è stato condannato a 4 anni di detenzione.

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