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Il COVID incide sulla natalità: il dato che può cambiare la riproduzione

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Andrea Desideri

Il COVID-19 torna a incidere nella vita di tutti i giorni. L’emergenza è finita, ma alcuni problemi sono rimasti: il nuovo studio danese.

COVID-19, tre anni dopo. Il Coronavirus ha cambiato radicalmente le nostre vite, siamo stati – nostro malgrado – abituati a convivere con termini che sembravano obsoleti e sono diventati, gioco-forza, attuali: lockdown, coprifuoco, zona rossa, mascherine, assembramento.

COVID-19, la malattia incide sullo sperma (ANSA)

Ora tutto questo è finito, il COVID-19 è diventato endemico ma gli studi continuano e non sono rassicuranti. La condizione non è più grave come un tempo: la malattia è gestibile anche grazie ai vaccini, ma uno studio spagnolo presentato a Copenhagen dalla Eshre determina che la malattia – anche se contratta in forma lieve – possa avere conseguenze importanti sullo sperma maschile.

COVID-19 e riproduzione sessuata: cosa succede

Si registra in tal senso un possibile rallentamento negli spermatozoi. Pertanto chi soffriva di una certa “pigrizia” nell’apparato riproduttivo – oltre alle cause già conosciute – ora sa il perchè non riesce più a garantire determinate performance. Non si tratta solo del rapporto in sé, ma anche e soprattutto dei particolari fattuali che accompagnano questa situazione.

Lo studio sugli effetti del Covid – Free.it AnsaFoto

Vale a dire l’efficacia dello sperma stesso: tutto ciò potrebbe determinare un sensibile calo della natalità perchè è alla base di un processo fattuale che, in parole povere, va a colpire tutto l’assetto e lo status fisico. Tradotto: il rapporto è possibile, ma l’efficacia non è garantita e si dovrà ricorrere ad altri metodi.

L’evoluzione dello studio

La volontà però è cercare di ripristinare la condizione maschile e riportare i livelli di spinta dello sperma sopra il livello di guardia. Al momento, tuttavia, gli esperti dicono che: “Anche chi ha contratto il Covid in forma breve potrebbe riscontrare un certo tipo di problemi”. I test continuano, al momento sono stati fatti su una base di 80 giorni dopo la malattia.

La malattia porta con sé nuovi effetti (ANSA)

La risposta ad ampio raggio è attesa nei prossimi mesi, quando – si spera – che possano esserci maggiori certezze. Nel frattempo anche il lavoro sui vaccini prosegue: le case farmaceutiche stanno inventando delle pillole che possano rendere più semplice e immediata l’immunizzazione. Si tratta di due campi diversi, ma con le stesse finalità.

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