Emilia-Romagna, Giorgia Meloni riordina il caos attorno al nome per il Commissario straordinario: il Presidente del Consiglio mette un punto.
L’emergenza continua e va risolta in tempi brevi. Questo lo sa anche Meloni che per essere presente in Emilia-Romagna ha abbandonato il G7 in corso con motivazioni specifiche e una conferenza stampa che ha incontrato il favore degli alleati. Ora di favori ne servono altri: occorre soprattutto il favore del tempo e il favore del pragmatismo.
Due aspetti che sembrano scarseggiare. Il tempo è poco e il pragmatismo ancora meno se di fronte agli alluvionati ci si mette a discutere del Commissario straordinario: la figura è necessaria e utile, quasi imprescindibile in questi casi. Occorre una figura che determini il modo in cui vanno gestiti i fondi in arrivo.
Oltre 2 miliardi di aiuti a disposizione, 100 milioni subito per improntare la ripartenza. Persiste, tuttavia, il rebus su Bonaccini. Meloni ha aperto immediatamente a questa possibilità, ma gli alleati non sembrano essere d’accordo: Lega e Forza Italia vorrebbero una figura super partes e non legata alle opposizioni.
Quello che serve – dice Zaia, l’unico in quota Lega a favore di Bonaccini – è un uomo che conosce il territorio. “Si è sempre fatto avanzare – in questi casi – il Presidente di Regione perché conosce meglio il territorio”. Secca la risposta dei colleghi e alleati: “Non abbiamo intenzione – spiegano – di prendere uno che arriva da Marte”.
In parole povere: non digeriscono il fatto che un incarico così importante vada a un rappresentante di spicco delle opposizioni. Una questione di poltrone e schieramento che non solo non è utile alla causa Meloni, ma mette il Governo in cattiva luce: “Le mie priorità adesso sono altre, non tanto chi riceva i soldi quanto come trovarli”, chiosa Meloni per cercare di mettere un punto a quella che sembra essere una battaglia senza esito.
Vincono tutti e non vince nessuno, deve prevalere il buon senso. Per questo Meloni non arretra su Bonaccini: un modo per essere sicura e passare anche la mano a chi conosce davvero le esigenze di una regione colpita al cuore. Le battaglie politiche sono fatte anche di necessità, non solo di strategie, pertanto cedere il passo talvolta può essere più utile che fare muro. Meloni l’ha capito, convincere gli altri resta più difficile.
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