Clima, allarme alluvioni e pericolo dissesti: i problemi non mancano e quello che è successo in Emilia Romagna è la dimostrazione.
L’alluvione in Emilia Romagna è crisi climatica. Questa l’unica certezza in un mare magnum di paura e insicurezze. L’opinione pubblica è alle prese con quello che tutti definiscono un “disastro annunciato”. Poteva succedere ed era chiaro, nessuno sapeva come. Ora – malgrado e nonostante tutto – è a conoscenza di chiunque.
In particolare di coloro che cercano di rialzarsi. Il problema è globale. L’Italia è un tassello del mosaico, ma l’annosa questione del riscaldamento globale non c’è da ieri. Se possibile, sono più di 10 anni che se ne parla. Ancora prima dell’espansione di quella che, attualmente, si definisce generazione Z.
I ragazzi di oggi non sono persone attente all’ambiente, come qualcuno sinteticamente ama definire, ma restano personalità attente e desiderose di avere un futuro sostenibile. Questo perché la Terra – un po’ per natura, un po’ (troppo) per eccessivo sfruttamento – sta cadendo a pezzi.
Lo dicono persino gli scienziati che, magari in maniera più pacata e composta rispetto agli attivisti, tirano diplomaticamente per la giacchetta autorità politiche invitandole a fare qualcosa. Nello specifico combattere la crisi climatica significa darsi degli obiettivi. Tuttavia, rispetto alle altre questioni, non è possibile disattenderli.
Il tempo non c’è più: Greta Thunberg – e non solo lei – ha detto che la “casa sta bruciando” in metafora rispetto alla situazione della Terra. Non possiamo – proseguono gli attivisti – restare a guardare: serve un riutilizzo delle energie e una nuova gestione delle risorse. Il riscaldamento globale si sta alzando di un grado e mezzo.
Significa che, nei prossimi 4 anni, se le emissioni continueranno in questa maniera (inclusi gas serra e combustibili fossili) le alluvioni saranno all’ordine del giorno, ma anche il riassestamento della superficie sarà un problema da affrontare. Tutto questo sarebbe successo comunque, ma più lentamente: l’accelerazione dei processi evolutivi è dovuta a un uso malsano e poco lungimirante delle risorse.
Il problema non riguarda solo l’Italia, ma il nostro Paese deve andare oltre il “compitino” istituzionale: la conversione ecologica deve passare, necessariamente, dalle parole ai fatti. Prima che i secondi spazzino via le prime, forse è già troppo tardi. Adesso, però, è ancora possibile una rincorsa.
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