Due cinghiali postitivi, torna l’allarme della peste suina a Roma

Ritorna la paura per la peste suina a Roma dopo che due cinghiali sono stati trovati positivi alla Psa. A darne conferma le analisi effettuate dall’Asl

A trovare una delle due carcasse dei cinghiali nascosta tra la vegetazione nell’area verde del Parco dell’Insugherata, vicino a via Cortina d’Ampezzo tra la via Trionfale e la via Cassia, nella Capitale, è stato una Guardia Parco.

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Due cinghiali positivi, scatta l’allarme peste suina a Roma (ansa) free.it

L’altro animale morto, invece, si trovava nell’area boschiva di Casal del Marmo, sempre a Roma. In questo caso a segnalare la carcassa in decomposizione è stato un residente della zona. Così, a seguito dei due ritrovamenti, sono scattati i controlli dell’Asl e la conferma delle analisi di laboratorio sui due cinghiali risultati positivi alla Psa, ovvero la Peste suina africana.

La malattia che nel 98% dei casi è letale e altamente infettiva tra cinghiali e suini ma non trasmissibile all’uomo. Mentre su un terzo cinghiale trovato ieri pomeriggio in un parco nella zona Tomba di Nerone sono in corso le indagini epidemiologiche. Scatta l’allarme in città.

Cinghiali positivi alla peste suina. E’ allarme a Roma

Le due conferme giunte dalle analisi di laboratorio dell’Asl sulla peste suina africana riscontrata nelle carcasse dei cinghiali ritrovati a Roma hanno fatto scattare l’allarme sull’infezione arrivata lo scorso anno proprio nella Capitale. Il 5 maggio del 2022 era stato segnalato il primo caso confermato nella riserva dell’Insugherata.

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Due cinghiali positivi alla Psa: peste suina africana. Scatta l’allarme a Roma (ansa) free.it

L’epidemia si era espansa partendo dalla Liguria e arrivando prima al Piemonte e, tra dicembre e gennaio, nel Lazio con il contagio di diversi esemplari. A seguito dei risultati dell’Asl, ieri il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha convocato un primo tavolo di lavoro sulla questione romana. È stata dunque riattivata l’Unità di crisi con la Regione Lazio e i responsabili delle Asl ora incaricati di procedere con analisi mirate nell’area a rischio: ovvero oltre 125 chilometri di zona rossa. 

Ieri al termine dell’incontro con il neo commissario straordinario alla Psa, Vincenzo Caputo, i responsabili regionali hanno dichiarato, come riporta il Messaggero: “Ulteriori misure di contenimento verranno comunicate lunedì 15 maggio”. L’epidemia è costata a 200 aziende agricole laziali, nella zona rossa, oltre 10 milioni di euro di danni con  tonnellate di fieno e grano rimasti bloccati nei magazzini per oltre un mese. Mentre, gli allevatori hanno dovuto procedere con l’abbattimento dei capi di bestiame in emergenza.

Il flop del piano di depopolamento

Il piano di depopolamento, e dunque la caccia selettiva per l’abbattimento degli esemplari malati è stata un flop con appena 300 esemplari uccisi, a fronte dei 75mila stimati. Un vero fallimento per la giunta regionale passata che aveva annunciato l’abbattimento di 50mila cinghiali firmando un’ordinanza ad hoc.

La misura era considerata necessaria per evitare che la malattia veniva trasmessa dai cinghiali ai suini. La questione aveva sollevato le proteste degli animalisti che la notte del 23 febbraio scorso avevano distrutto alcune gabbie posizionate nei pressi della Pineta Sacchetti.

Riccardo Milozzi, imprenditore agricolo della Confederazione italiana agricoltori (Cia)  ha dichiarato, come riporta il Messaggero: “La situazione ormai è sfuggita di mano e nessuno ci dà ascolto a livello istituzionale. Per noi l’incubo della Peste suina non è mai terminato. Da un anno ci stiamo attenendo alle restrizioni della zona rossa senza però avere alcun sostegno. Subiamo continui danni senza contare l’abbandono delle coltivazioni. Infine, gli allevatori di suini che hanno abbattuti 2500 capi e sono stati risarciti di appena il 30% del loro valore”.

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