Cina e Stati Uniti si sfregano le mani: il nuovo terreno di conquista sono i chip. Nessun confine, un unico riferimento: Taiwan. È guerra.
Cina e Stati Uniti si preparano allo scontro, ma la nuova “guerra fredda” non si combatte a colpi di diplomazia, bensì di privazioni: la posta in palio è più alta. Prima si cercavano e conquistavano i territori. Ora si vuole ottenere il potere con la relativa coercizione. Senza muovere un dito, ma attraverso le fabbriche. Si punta al sistema produttivo: la filiera. Nello specifico: le armi.
USA e Cina sono consapevoli che lo scontro geopolitico del secolo si basa sulle singole disposizioni per combattere solo successivamente su altri fronti: la vera miniera d’oro sono i chip. Semiconduttori a dual use che possono essere utilizzati nella produzione di armi più avanzate. I chip tracciano rotte e dati, applicati a missili, jet o altri ritrovati bellici possono rendere un’arma infallibile grazie al potere del tracciamento e l’incrocio di percentuali, materiali e territori.
Il vero oro sono le informazioni che vengono poi aggiornate nella singola produzione. Gli Stati Uniti hanno provato a imporre limitazioni di mercato all’Oriente, ma il problema di Biden si chiama Taiwan: piccola nazione insulare a 180 km dalla Cina. Lì le produzioni di chip sono avanti di circa 7 anni rispetto alla concorrenza che vige nella Cina stessa. Il Sol Levante sta a guardare, ma non troppo.
Caos nella Silicon Valley, in California, dove – da tempo – si cercano di attuare misure protezionistiche per mettere in condizione di vantaggio l’America rispetto alla Cina. Una guerra senza esclusione di colpi fra possibilità e business, nel frattempo Taiwan possiede circa il 92% della produzione di questi ultimi ritrovati.
È in grado di creare la domanda per un’offerta sempre crescente. Il punto è capire a chi destinerà tutto questo capitale: la risposta è a tratti scontata. Al miglior offerente. Potrebbe, però, non essere destinato ai soliti noti. Questo è il vero (e unico) fattore discriminante che potrebbe cambiare gli equilibri del mondo moderno così come li conosciamo.
In tal senso era pronto a investire anche Elon Musk che, successivamente, si è buttato sul ramo social: certi mercati restano a numero chiuso. Non che il fondatore di Tesla non avesse i numeri e le possibilità per sedersi al tavolo. I “gestori” – per usare un termine tecnico –, però, devono essersi resi conto della natura “mutevole” dell’uomo in fatto di amministrazione e hanno cambiato idea sbarrando le porte. Quella dei chip resta una questione delicata: vera e propria “gallina dalle uova d’oro” che va gestita con cautela. Un patrimonio in grado, davvero, di rivoluzionare storia, economia e finanza. La vera arma di distruzione di massa.
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