La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per 4 uomini. Sono accusati di aver sequestrato e aver ucciso Cristina Mazzotti, che venne rapita e trovata morta nel 1975. Era una studentessa liceale di 18 anni
Quando su Google si digita il nome di Cristina Mazzotti, la prima cosa a venir fuori è questa: Losanna 22 giugno 1957, Varellino di Galliate, agosto 1975.
E’ stata una studentessa milanese, sequestrata e uccisa dalla ‘ndrangheta. Oggi su questo cold case, la svolta è clamorosa. 4 Persone rinviate a giudizio accusate del suo rapimento e della sua uccisione. Accade 48 anni dopo. Eppure della riapertura delle indagini si scrisse già, come riportato anche da alcune cronache lo scorso anno, grazie al lavoro dei pm di Milano Alberto Nobili e Stefano Civardi e della Squadra Mobile.
Cristina Mazzotti venne sequestrata a scopo estorsivo ad appena 18 anni, si trattò del primo rapimento di una donna da parte dell’Anonima Sequestri in Italia Settentrionale. I fatti furono questi: il rapimento avvenne all’esterno della villa in cui viveva la giovane ad Eupilio, nelle vicinanza di Como. Al padre di Cristina venne chiesto un riscatto di 5 milardi di vecchie lire. Dopo un mese, l’uomo riuscì a mettere insieme un milardo e 50 milioni che consegnò ai rapitori. Ma non rivide comunque mai più sua figlia.
All’epoca gli investigatori ricostruirono che la ragazza fosse stata segregata in una buca. Aveva pochissima possibilità di muoversi e quindi anche poca aria. Venne probabilmente costretta ad assumere una massiccia dose di tranquillanti ed eccitanti. Un mix letale che provocò la morte di Cristina. Il decesso venne collocato tra il 31 luglio e il 1 agosto del 1975. In quello stesso momento il padre di Cristina consegnava il riscatto della propria figlia. Soltanto nel mese di settembre successivo venne trovato il suo corpo. Una telefonata anonima avvisò i carabinieri di Galliate in provincia di Novara: si scavò in una discarica e venne recuperato il cadavere della giovanissima.
Per quel sequestro e per quell’omicidio vennero indagati Demetrio Latella, Giuseeppe Calabrò, Antonio Romeo, Antonio Talia. Si avvalsero tutti della facoltà di non rispondere. Il primo processo sulla vicenda si chiuse a Novara. Ci furono 13 condanne, 8 ergastoli. Le condanne si riferivano ai fiancheggiatori, ma non a coloro che avevano materialemnete eseguito il rapimento e quindi l’uccisione. Nel 2007 una prima svolta: un’impronta digitale venne associata a Demetrio Latella, che ammise il coinvolgimento nel sequestro e indicò i nomi di altre due persone. Nel 2012 il fascicolo passa a Milano. Sequestro di persona e omicidio volontario aggravato andarono in prescrizione, poi una sentenza del 2015 rese imprescrittibile il reato di omicidio volontario.
E siamo alla svolta clamorosa di queste ore: la procura di Milano ha chiesto dunque il rinvio a giudizio per quattro persone. I quattro imputati sono il boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito, 78 anni, Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò (detto u’ dutturicchiu) e Antonio Talia. Secondo il pm i quattro “presero parte attiva e portarono a compimento la fase esecutiva del sequestro”, come scrive oggi anche La Repubblica. Sempre secondo investigatori e inquirenti Morabito avrebbe fornito anche un’auto che servì da ‘civetta’ per segnalare l’arrivo della Mini Minor – con cui stava rincasando la giovane – e per “fare da staffetta verso il luogo” della prigionia.
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