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Scandalo arbitri, l’indagine federale su D’Onofrio mette nei guai il capo dell’Aia Trentalange

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James White

È caos nel mondo arbitrale italiano dopo l’arresto dell’ex procuratore capo dell’Aia, Rosario D’Onofrio, arrestato lo scorso 10 novembre.

L’istruttoria chiusa dalla procura federale guidata da Giuseppe Chinè ha fatto emergere “comportamenti disciplinarmente rilevanti” del presidente dell’associazione italiana arbitri, Alfredo Trentalange.

Trentalange

L’arresto di Rosario D’Onofrio per traffico di droga internazionale ha sconvolto il mondo del calcio e soprattutto quello arbitrale. Secondo l’indagine portata avanti dalla procura federale sull’operato dell’ex procuratore capo dell’Aia, arrestato il 10 novembre scorso, ci sarebbe stata la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dunque del dovere di comportarsi in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza.

La procura federale punta quindi il dito contro il presidente degli arbitri Alfredo Trentalange. Secondo l’accusa il capo dell’Aia, tra le altre cose, avrebbe reso dichiarazioni non veridiche nell’ultimo consiglio federale in ordine alla avvenuta acquisizione di un curriculum di D’Onofrio prima della sua nomina a Procuratore Aia, ai titoli di studio e professionali posseduti da quest’ultimo ed alle presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese dal medesimo.

Caso D’Onofrio, dopo l’arresto del procuratore capo adesso nell’occhio del ciclone il capo degli arbitri Trentalange

Nelle motivazioni sono addirittura sette i capi d’accusa imputati a Trentalange, motivo per cui nel consiglio federale del 19 dicembre convocato dal presidente della Figc Gravina, nell’ordine del giorno si legge anche “situazione Aia: provvedimenti conseguenti“.

Caso D’Onofrio, dopo l’arresto del procuratore capo adesso nell’occhio del ciclone il capo degli arbitri Trentalange

Probabilmente la soluzione migliore per tutti sarebbero le dimissioni del presidente degli arbitri, una strada che Trentalange al momento non sembra voler intraprendere. “Ho chiesto di essere sentito con estrema sollecitudine dal Procuratore Chinè, non solo a mia tutela ma soprattutto nell’interesse di tutta l’associazione – ha dichiarato in una nota – Tengo a chiarire che non ho nessuna intenzione di dimettermi“.

Una presa di posizione che dunque potrebbe aprire la porta a un altro scenario, quello del commissariamento, mentre la Serie A chiede anche che si faccia luce su tutto il periodo di D’Onofrio nell’Aia. Per i nomi del commissario, intanto, è ancora presto anche se uno comincia a circolare ed è quello di Gianluca Rocchi, attuale designatore arbitrale, ma figura apprezzata dal ministro Abodi e che servirebbe anche a rinsaldare i rapporti tra Governo e calcio, quest’ultimo alla disperata ricerca di nuova credibilità.

Sembra una missione impossibile anche quella di riabilitare la figura di Trentalange dopo le motivazioni della Procura che definiscono “consolidato” il rapporto con D’Onofrio, ma soprattutto imputano al numero uno dell’Aia diverse violazioni che cominciano dall’aver omesso qualsiasi iniziativa volta all’accertamento dei reali requisiti professionali di D’Onofrio prima della proposta, dello stesso Trentalange, alla nomina di D’Onofrio a procuratore capo dell’Aia.

Tra le altre accuse mosse dalla procura anche quella di non essersi accertato delle poche riunioni alle quali D’Onofrio ha preso parte in presenza durante il suo incarico; di non aver verificato i requisiti morali per la consegna di riconoscimenti incompatibili con il suo status di detenuto; per non aver adottato modelli idonei a prevenire atti illeciti che hanno visto D’Onofrio falsificare rimborsi spese durante la sua attività nell’Aia.

Le accuse continuano anche per aver comunicato e distribuito durante il Comitato Nazionale Aia del 12 novembre 2022 un documento recante apparentemente le dimissioni D’Onofrio, senza avere compiuto verifica d’attendibilità del documento stesso; di aver contattato telefonicamente il Vice Presidente della Commissione Disciplinare Nazionale, avv. Andrea Santoni, per non assumere nuove iniziative contro D’Onofrio nonostante i riscontri di negligenza e inadeguatezza professionale dell’ex procuratore capo.

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