La tragedia di Ischia riaccende la polemica sul rischio idrogeologico in Italia e sul problema dell’abusivismo. Troppo spesso questi drammi sono causati da un errato utilizzo del suolo e da politiche comunali che ignorano le regole. Cosa è accaduto a Ischia? Al quotidiano online Free.it prova a spiegarlo il docente di geologia all’Università del Sannio, Francesco Maria Guadagno.
Non è la prima volta che in Italia avvengono tragedie legate al dissesto dei territori. Frane, cedimenti, sono sempre più spesso legati all’abusivismo edilizio: ci sono case dove non dovrebbero esserci, ci sono alvei dei fiumi cementificati e aree verdi trasformate in discariche abusive. Sul problema dell’abusivismo, poi, è intervenuto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin che ha scatenato la polemica con la sua dichiarazione. “Basterebbe mettere in galera il sindaco e tutti quelli che lasciano fare. I sindaci non devono lasciare costruire”, ha detto.
Come giudica quello che è successo a Ischia?
“Qualcuno ha parlato di disastro annunciato. C’è da dire che per una serie di circostanze, prevalentemente geologiche, Ischia è uno dei luoghi più pericolosi d’Italia perché c’è un problema sia dal punto di vista sismico, come ben sappiamo, sia dal punto di vista dell’instabilità territoriale, cioè del rischio idrogeologico. E questo è testimoniato anche dalla storia dell’isola. E’ evidente, altresì, che c’è stato un improprio utilizzo dei territori, basterebbe dire che nel comune di Casamicciola, il 70% della popolazione risiede in aree di rischio elevato e il 30% di popolazione è esposta a rischio concreto. In tutto questo con fenomeni di frane molti rapidi che lasciano poco tempo per la fuga questo provoca questi disastri. C’è stato un evidente improprio utilizzo del territorio, è questo il problema. Poi che quelle case fossero abusive o condonate è un problema ex post e non cambia la realtà dei fatti. Siamo stati incapaci di tutelare quei territori, nemmeno dopo che ci siamo accorti che erano fragili”.
Quello di Ischia è solo l’ultimo caso di disastro idrogeologico, quanti sono i territori a rischio in Italia?
“Ci sono migliaia di territori a rischio. Rimanendo in Campania, c’è tutto il settore della penisola sorrentina, i monti di Sarno e della valle caudina che sono interessati da fenomeni a cirenatica veloce, cioè con un movimento franoso molto rapido. Lo stesso succede in Liguria, nella zona delle Cinque terre, oppure in alcune settori dell’Appennino, della Calabria e della Sicilia.
“Evidentemente abbiamo molte zone dove ci sono aree di rischio elevato, soprattutto se consideriamo le vite umane. Per prima cosa dovremmo procedere all’individuazione delle zone a più alto rischio per la vita umana, poi ci sono aree di rischio per le infrastrutture però, vedete, una casa, un palazzo, si ricostruisce, la vita si perde ed è finita. Perdere un bimbo di 22 mesi è una notizia tragica”.
Adesso infuria la battaglia politica sul condono del Conte I del 2018. Ma, al di là di questo, quali sono gli interventi che dovrebbero essere fatti in tutta Italia per evitare che accada ancora e ancora?
“Per prima cosa dovremmo avere una conoscenza concreta del territorio e valutarle per priorità. Concretamente, non si può intervenire su tutte le aree a rischio, perché sono troppe, non ci sono soldi. Dobbiamo individuare, per priorità, quali sono le zone a maggior rischio per la vita umana e intervenire preventivamente su quelle. Non si può pensare di agire su ogni angolino della nostra bellissima e fragile Italia. L’importante, però, è agire, utilizzando anche i fondi del Pnrr. Bisogna rifare le mappe del rischio idrogeologico e concentrare i soldi su quelle zone dove la possibilità che, qualora succeda qualcosa, muoia qualcuno”.
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