Una messinscena costruita ad hoc con l’uso di un software quella di un insegnante che modificava la propria immagine per fare videochiamate erotiche a ragazze minorenni. Le madri delle vittime scoprono tutto
L’uomo, un insegnante di mezza età, si spacciava on line per un ragazzo più giovane modificando la propria immagine con l’utilizzo di una nota applicazione, FaceApp.
Così adescava le giovani vittime, tutte minorenni, con cui intratteneva videochiamate a sfondo erotico. Scoperto l’adescamento da una mamma delle giovani ragazzine, il presunto pedofilo è stato denunciato alla polizia postale.
Il modus operandi dell’insegnante era sempre lo stesso: contattava le ragazze minorenni, spacciandosi per un loro coetaneo o poco più grande. Questo era possibile grazie all’uso di un’applicazione (FaceApp) in grado di modificare gli aspetti somatici del volto. L’obiettivo del 50enne era intrattenere con le giovani vittime videochiamate a sfondo erotico.
Le indagini della polizia postale di Brescia sono iniziate dopo la denuncia sporta dalla mamma di una delle vittime dopo aver scoperto l’adescamento online dell’uomo. Per mesi il 50enne è risultato irrintracciabile fino all’arresto avvenuto a Roma.
L’insegnante di origini piemontese era in servizio in una scuola primaria della Capitale. Individuato dagli agenti, è stato sottoposto a perquisizione domiciliare e informatica. La polizia postale ha così sequestrato un cellulare in cui erano presenti 144 tra immagini e video a sfondo pedopornografico.
L’analisi dello smartphone ha infine consentito di risalire ad altre condotte di adescamento nei confronti di diverse ragazze minorenni con le quali l’uomo intratteneva anche videochiamate erotiche.
L’accusato spacciandosi per un giovane ragazzo, avrebbe registrato le videochiamate con le giovani vittime con l’obiettivo di conservare gli audio.
A seguito delle prove ottenute, il gip di Brescia ha disposto il fermo a carico dell’insegnante, che è stato trasferito in carcere immediatamente.
Alle indagini condotte dalla polizia postale di Brescia, sono state coinvolte anche la polizia Postale del Lazio, della Lombardia e della Calabria.
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