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Cronaca

Vendeva abiti e stivali della polizia online: agente condannato per peculato

Published by
Maria Teresa Bianco

È accusato di peculato l’agente che vendeva online abiti e stivali della polizia stradale. Condannato dalla Corte d’Appello solo per aver “tentato” di commercializzare oggetti appartenenti alla Ps, ora i giudici applicano all’imputato la discriminante della desistenza volontaria

Vendeva abiti e stivali della polizia, agente condannato per peculato (Pixabay)

Nel cambio di stagione, un poliziotto ha pensato bene di mettere gli abiti invernali e gli stivali Jolly da motociclista appartenenti al dipartimento di pubblica sicurezza in vendita sul portale online Subito.it. Accusato di peculato, per il poliziotto l’epilogo della vicenda non ha avuto riscontri troppo negativi poiché la Cassazione, con la sentenza n° 5397 ha accolto la tesi della difesa sul pentimento e sulla desistenza spontanea dall’affare da parte del poliziotto.

Il primo a vedere l’annuncio della vendita online e a denunciare l’uomo alla Procura della Repubblica fu il suo comandante.

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Agente vendeva online stivali e abiti della Polizia: condannato per peculato

Agente vendeva abiti e stivali della polizia online: condannato per peculato

La Suprema corte non ha creduto alla prima scusa auspicata dal poliziotto, il quale aveva dichiarato di aver messo l’annuncio online solo per capire se quelle calzature andassero ancora di moda. La Cassazione ha considerato la versione dell’uomo insensata, visto che l’offerta commerciale era seguita da fotografie e da una dettagliata descrizione degli articoli in vendita con tanto di prezzo stabilito per gli stivali: 110 euro.

L’ipotesi della difesa, come riportato da ilsole24ore, non passa dunque il vaglio dei giudici di legittimità, che credono invece alla desistenza volontaria. I giudici territoriali hanno negato la causa di non punibilità, in quanto il poliziotto aveva tolto l’annuncio lo stesso giorno in cui fu scoperto e denunciato dal suo comandante informando, quest’ultimo, immediatamente la procura dell’ipotesi di reato.

Nulla dimostra che l’uomo imputato, condannato a 5 mesi e 10 giorni di reclusione, fosse a conoscenza dell’iniziativa del suo ispettore capo. La condanna è dunque annullata e la Corte territoriale dovrà nuovamente riformulare un altro giudizio.

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