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Boris Johnson, nuova bufera sul partygate: le accuse al premier britannico

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Alessandro Artuso

Problemi su problemi per Boris Johnson e la polemica del party organizzato a Downing Street in piena pandemia da Covid-19. Forti pressioni per il premier britannico che di recente ha chiesto pubblicamente scusa per quanto accaduto. 

Boris Johnson, nuova bufera sul partygate: le accuse al premier britannico

Lo scandalo del partygate non si placa nel Regno Unito ed è forte la polemica nei confronti di Boris Johnson. Il premier britannico ha parlato di quanto avvenuto nel 2020 con le feste organizzate a Downing Street nonostante le restrizioni legate alla pandemia da Covid-19. La diatriba continua e lo stesso Johnson interveniente a Taunton per controbattere a una nuova denuncia.

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Intanto l’esponente politico ha dichiarato di non volersi in alcun modo dimettere dalla carica e ha confermato di essere concentrato sulla strategia da mettere in campo per proteggere la popolazione britannica dall’avanzata del virus. Le accuse mosse dal parlamentare William Wragg, personaggio politico che cita fonti anonime, si basano su presunte pressioni del governo di Johnson nei confronti dei Tory.

Boris Johnson e gli attacchi al premier dopo lo scandalo del “partygate”

Boris Johnson e gli attacchi al premier dopo lo scandalo del “party-gate”

C’è addirittura chi come il leader Ed Davey ipotizzi un presunto intervento di Scotland Yard, nonostante non ci siano al momento denunce di presunte vittime che avrebbero subito episodi di pressioni politiche. Il leader liberal-democratico avrebbe infatti accusato Boris Johnson di mantenere un comportamento simile sa “un boss della mafia“.

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Nel frattempo Tracey Emin, arista molto conosciuto nel Regno Unito, avrebbe addirittura chiesto di rimuovere la sua installazione al neon “More Passion” donata nel 2016 al governo Johnson. L’uomo avrebbe chiesto di fare tutto ciò dopo la notizia circa i party che si sarebbero svolti nella residenza ufficiale del premier in pieno lockdown. L’artista ha chiesto di non voler ricevere indietro l’opera, ma certo non farla rimanere lì.

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