Continuano le polemiche sulla sentenza della Corte Costituzionale polacca che assegna ai trattati nazionali priorità su quelli europei. Ursula von der Leyen: “Mette in discussione la base della Ue e costituisce una sfida diretta all’unità degli ordinamenti giuridici europei”.
Fa ancora discutere la sentenza della Corte Costituzionale polacca. Quella secondo cui il diritto nazionale prevarrebbe su quello europeo, per intenderci. Durante la seduta plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo è andato in scena il confronto tra il Premier polacco Mateusz Morawiecki e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
“Noi siamo preoccupati per la recente sentenza della Corte costituzionale polacca. La Commissione Europea sta valutando attentamente questa sentenza, posso però già dirvi oggi che sono fortemente preoccupata perché mette in discussione la base della Ue e costituisce una sfida diretta all’unità degli ordinamenti giuridici europei”, ha precisato Ursula von der Leyen. Una grave crisi dello stato di diritto secondo la Presidente della Commissione Europea, che ha poi aggiunto: “Il destino della Polonia è l’Europa. La Commissione Europea agirà”, ha concluso.
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Durante la seduta plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo è intervenuto anche il Premier Polacco Mateusz Morawiecki. Spiegando, punto per punto, i problemi del suo paese. Dalla problematica energetica alla minaccia russa, fino al pericolo immigrazione. “Non vogliamo andare altrove, l’Europa è il nostro posto, ma questo non vuol dire che i cittadini polacchi non siano preoccupati per il loro futuro. L’Unione Europea non è uno Stato, come i 27 Stati membri dell’Unione Europea che rimangono sovrani, al di sopra dei Trattati, e sono gli Stati membri che decidono quali competenze vengono trasferite all’Ue“, ha spiegato il Premier polacco.
Lo stesso Morawiecki ha poi aggiunto: “Troppo spesso abbiamo a che fare con un’Europa dei doppi standard. Non dobbiamo lottare uni contro altri. Non dobbiamo cercare colpevoli dove non ci sono. La Polonia è attaccata in modo parziale e ingiustificato. Le regole del gioco devono essere uguali per tutti. Non è ammissibile che si parli di sanzioni. Respingo la lingua delle minacce e del ricatto”, conclude.
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